concorso tra frode fiscale e bancarotta fraudolenta

Concorso tra frode fiscale e bancarotta fraudolenta – art. 84 c.p. reato complesso – principi

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 10 novembre 2011 – 17 gennaio 2012, n. 1843

Presidente Ferrua – Relatore Demarchi Albengo

La sentenza che qui si commenta si distingue per chiarezza espositiva laddove precisa ed afferma il concorso tra frode fiscale e bancarotta fraudolenta; importanti principi chiarificatori ed interpretativi vengono affermati con riferimento al principio di specialità, di cui all’art. 15 c.p., ed al reato complesso, di cui all’art. 84 c.p.

Orbene, nel primo caso, in relazione alla disciplina di cui all’art. 15 c.p. (principio di specialità) la S.C.  ritiene che essa operi non tanto quando due fattispecie sono parzialmente sovrapponibili, piuttosto quando vi è una legge speciale che interviene a regolare una materia già regolata da altra precedente normativa di carattere generale. Il caso qui in esame esula da tale ambito, dal momento che la legislazione fiscale e quella fallimentare sono entrambe speciali e non si pongono quindi in rapporto di specialità l’una con l’altra, né vanno a disciplinare la stessa materia, essendo la seconda diretta a tutelare interessi differenti (la pretesa fiscale ed il buon esito delle procedure di riscossione, da una parte, e la tutela dei creditori, pubblici e privati, in ambito concorsuale, dall’altra); è necessario, inoltre, che la norma speciale contenga tutti gli elementi compresi in quella generale, cosicché se non esistesse la norma speciale la fattispecie in esso rientrerebbe nella norma generale. Perché possa operare l’articolo 15 è, comunque, necessario che i reati abbiano la stessa oggettività giuridica, nel senso che deve trattarsi di reati che devono disciplinare tutti la medesima materia ed avere identità di struttura (cfr. Cass. SSUU 1963/2011). In argomento richiama anche Sez. 4, Sentenza n. 35773 del 06/06/2001, Rv. 219970, secondo cui sussiste concorso materiale quando i reati hanno diversa natura (nel nostro caso di pericolo e di evento), diverso elemento soggettivo (dolo specifico per la sottrazione fraudolenta e dolo generico per la bancarotta distrattiva) e tutelano interessi diversi. E per l’individuazione della “stessa materia” deve farsi riferimento alla fattispecie astratta – ossia come settore, aspetto dell’attività umana che la legge interviene a disciplinare – e non quale episodio in concreto verificatosi sussumibile in più norme, indipendentemente da un astratto rapporto di genere a specie tra queste (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 1235 del 28/10/2010). In definitiva infondato si presentava il motivo del ricorrente volto ad escludere il concorso tra frode fiscale e bancarotta fraudolenta richiamando vanamente la disciplina di cui all’art. 15 c.p.

Parimenti la S.C. disattende la tesi del ricorrente per cui troverebbe applicazione, nel caso di specie, la disciplina di cui all’art. 84 c.p. laddove, seondo la tesi difensiva, la bancarotta, reato complesso, assorbirebbe il reato tributano.

Così non è atteso che “per aversi reato complesso ai sensi dell’articolo 84 del codice penale non basta che più fatti costituenti reato abbiano qualche elemento in comune, ma occorre che uno di essi converga interamente in un’altra figura criminosa, tanto da perdere la sua autonomia e diventare, quindi, elemento costitutivo o circostanza aggravante dell’altro. In difetto di tali presupposti, sussiste il concorso formale dei reati, a nulla rilevando la parziale coincidenza dei rispettivi momenti consumativi”.

Ebbene, nel caso di specie manca il completo “assorbimento” della sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte nel reato di bancarotta fraudolenta, dal momento che vi sono plurimi elementi del primo reato che non sono affatto normativamente contemplati dal secondo; l’articolo 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, numero 74, punisce chiunque (è quantomeno dubbio, pertanto, che si tratti di un reato proprio), al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad Euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Si tratta di un reato istantaneo di pericolo, a nulla rilevando che in un secondo momento la pretesa tributaria dello Stato sia stata soddisfatta (Cassazione penale, sez. 3, 27 ottobre 2010, n. 40481); già qui si vede una prima differenza con la bancarotta fraudolenta, che richiede invece l’effettiva verificazione del fatto distrattivo, che reca pregiudizio ai creditori (nella bancarotta fraudolenta patrimoniale l’evento del reato coincide con la lesione dell’interesse patrimoniale della massa; così Cassazione penale, sez. 5, 24 marzo 2010, n. 16579). In secondo luogo mentre la bancarotta è un reato proprio (anche se non si esclude il concorso “esterno”), la sottrazione fraudolenta è un reato comune o, comunque, caratterizzato da una soggettività molto più ampia, dal momento che può essere compiuto da qualunque contribuente che abbia un debito d’imposta verso l’erario (si tratta di una categoria amplissima), non essendo necessario che si tratti di imprenditore.

Di seguito si riporta il testo della sentenza nella parte motiva di interesse come sopra commentata.

“il motivo relativo alla non configurabilità del concorso tra il reato di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, numero 74, e il reato di bancarotta fraudolenta è infondato. A prescindere dalla salvezza contemplata dal predetto articolo 11, nella formulazione anteriore al 2010, si deve rilevare che nel caso in esame difetta la sovrapponibilità delle due fattispecie, per cui la clausola di sussidiarietà non può trovare applicazione. Il tribunale di Roma ha ritenuto, correttamente, che l’operatività della clausola postula che il medesimo fatto sia riconducibile a due diverse norme incriminatrici e costituisca dunque elemento essenziale del reato previsto da entrambe; è cioè necessario che vi sia una perfetta sovrapponibilità tra le condotte contestate, non potendosi parlare, in caso contrario, di medesimo fatto. Nel caso in esame il tribunale ha proceduto al confronto dei fatti così come descritti nei capi di imputazione ed ha riscontrato la mancanza di identità e perfetta sovrapponibilità delle condotte contestate, fornendo anche uno specifico esempio con riferimento ai reati di cui ai capi 15 e 16 della rubrica. Giova ricordare, a questo proposito, che la valutazione sulla sovrapponibilità o meno delle condotte è una valutazione di merito che, in quanto motivata, sfugge al controllo di legittimità in sede cautelare reale.

Quanto al principio di specialità, ritiene questa corte che esso operi non tanto quando due fattispecie sono parzialmente sovrapponibili, piuttosto quando vi è una legge speciale che interviene a regolare una materia già regolata da altra precedente normativa di carattere generale. Il caso oggi in esame esula, all’evidenza, da tale ambito, dal momento che la legislazione fiscale e quella fallimentare sono entrambe speciali e non si pongono quindi in rapporto di specialità l’una con l’altra, né vanno a disciplinare la stessa materia, essendo la seconda diretta a tutelare interessi differenti (la pretesa fiscale ed il buon esito delle procedure di riscossione, da una parte, e la tutela dei creditori, pubblici e privati, in ambito concorsuale, dall’altra); è necessario, inoltre, che la norma speciale contenga tutti gli elementi compresi in quella generale, cosicché se non esistesse la norma speciale la fattispecie in esso rientrerebbe nella norma generale. Perché possa operare l’articolo 15 è, comunque, necessario che i reati abbiano la stessa oggettività giuridica, nel senso che deve trattarsi di reati che devono disciplinare tutti la medesima materia ed avere identità di struttura (cfr. Cass. SSUU 1963/2011). In argomento si veda anche Sez. 4, Sentenza n. 35773 del 06/06/2001, Rv. 219970, secondo cui sussiste concorso materiale quando i reati hanno diversa natura (nel nostro caso di pericolo e di evento), diverso elemento soggettivo (dolo specifico per la sottrazione fraudolenta e dolo generico per la bancarotta distrattiva) e tutelano interessi diversi. E per l’individuazione della “stessa materia” deve farsi riferimento alla fattispecie astratta – ossia come settore, aspetto dell’attività umana che la legge interviene a disciplinare – e non quale episodio in concreto verificatosi sussumibile in più norme, indipendentemente da un astratto rapporto di genere a specie tra queste (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 1235 del 28/10/2010).

Sostiene il ricorrente che nel caso di specie non viene in considerazione il principio di specialità di cui all’articolo 15, ma piuttosto che vi sia una progressione dell’offesa del bene giuridico protetto che comporta l’applicazione del principio dell’assorbimento, consacrato dall’articolo 84 del codice penale. In particolare, la condotta dichiarativa di cui all’articolo 11 verrebbe aggravata dal fallimento della società, con la conseguenza che la bancarotta, reato complesso, assorbirebbe il reato tributano.

L’invocazione dell’articolo 84 del codice penale non è fuori luogo, nel senso che, trattandosi di norme che regolano materie diverse (materia fiscale, la prima, e disciplina della crisi d’impresa, la seconda), si deve verificare se la legge consideri come elementi costitutivi del reato di bancarotta tutti gli elementi della fattispecie che integra la frode fiscale.

Per configurare il reato complesso, peraltro, è necessario che sia una norma di legge ad operare la fusione in una unica figura criminosa dei fatti costituenti reati autonomi. Non basta quindi che i più fatti, i quali, isolatamente considerati, costituirebbero altrettanti reati, abbiano qualche elemento comune perché sia ravvisabile il reato complesso, essendo questo costituito dalla unificazione a livello normativo di tutti gli elementi che integrano ipotesi tipiche di reati tra loro differenti. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7780 del 15/02/1990). Si veda anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3528 del 27/09/1982, Rv. 158589, secondo cui: “Per aversi reato complesso ai sensi dell’articolo 84 del codice penale non basta che più fatti costituenti reato abbiano qualche elemento in comune, ma occorre che uno di essi converga interamente in un’altra figura criminosa, tanto da perdere la sua autonomia e diventare, quindi, elemento costitutivo o circostanza aggravante dell’altro. In difetto di tali presupposti, sussiste il concorso formale dei reati, a nulla rilevando la parziale coincidenza dei rispettivi momenti consumativi”.

Ebbene, nel caso di specie manca il completo “assorbimento” della sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte nel reato di bancarotta fraudolenta, dal momento che vi sono plurimi elementi del primo reato che non sono affatto normativamente contemplati dal secondo; l’articolo 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, numero 74, punisce chiunque (è quantomeno dubbio, pertanto, che si tratti di un reato proprio), al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad Euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Si tratta di un reato istantaneo di pericolo, a nulla rilevando che in un secondo momento la pretesa tributaria dello Stato sia stata soddisfatta (Cassazione penale, sez. 3, 27 ottobre 2010, n. 40481); già qui si vede una prima differenza con la bancarotta fraudolenta, che richiede invece l’effettiva verificazione del fatto distrattivo, che reca pregiudizio ai creditori (nella bancarotta fraudolenta patrimoniale l’evento del reato coincide con la lesione dell’interesse patrimoniale della massa; così Cassazione penale, sez. 5, 24 marzo 2010, n. 16579). In secondo luogo mentre la bancarotta è un reato proprio (anche se non si esclude il concorso “esterno”), la sottrazione fraudolenta è un reato comune o, comunque, caratterizzato da una soggettività molto più ampia, dal momento che può essere compiuto da qualunque contribuente che abbia un debito d’imposta verso l’erario (si tratta di una categoria amplissima), non essendo necessario che si tratti di imprenditore.

Va, poi, rimarcato che si tratta di fattispecie volte alla tutela di interessi diversi (in argomento v. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14707 del 14/11/2007, Rv. 239659, nonché Cass. Sez. 5, Sentenza n. 30120 del 18/05/2011, laddove si ribadisce che vi è concorso quando le norme incriminatrici tutelano beni giuridici diversi). A tal proposito non si deve dimenticare che ogni condotta fraudolenta diretta alla evasione fiscale esaurisce il proprio disvalore penale all’interno del quadro delineato dalla normativa speciale, salvo che dalla condotta derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all’evasione fiscale (cosa che non accade nel caso della bancarotta); Cass. Sez. U, Sentenza n. 1235 del 28/10/2010, Rv. 248865. In definitiva, l’articolo 11 del decreto legislativo 74-2000, tutela l’interesse erariale al buon esito della procedura di riscossione (trattasi di un interesse tanto rilevante che il bene giuridico è tutelato anche attraverso il sequestro per equivalente, che non assiste invece la bancarotta), mentre nel reato di bancarotta fraudolenta il bene tutelato è l’interesse della generalità dei creditori all’integrità dei mezzi di garanzia (Cassazione penale, sez. 5, 06 ottobre 1999, n. 12897).

Vi deve poi essere la idoneità (ex ante) delle condotte distrattive a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva; anche sotto questo profilo sono evidenti le differenze con la bancarotta, per la quale non solo non basta un’astratta idoneità, ma è altresì sufficiente che vi sia un pregiudizio per uno qualsiasi dei creditori. Ciò significa che può aversi bancarotta fraudolenta senza che sia integrata la frode fiscale, laddove l’atto distrattivo non pregiudichi il pagamento, in sede concorsuale, dei crediti privilegiati dall’erario, ma rechi pregiudizio ai creditori chirografari o con diritti di prelazione di grado inferiore. In definitiva, non vi è completo assorbimento, da parte della bancarotta fraudolenta, del reato fiscale e dunque non può operare la disciplina eccezionale dell’articolo 84, la quale presuppone una verifica di continenza in astratto, avuto riguardo, cioè, alla fattispecie incriminatrice, e non al fatto storico commesso dall’imputato (si veda, in proposito, la già richiamata Sentenza n. 3528 del 27/09/1982, Rv. 158589, secondo cui: “Per aversi reato complesso ai sensi dell’art. 84 cod. pen. non basta che più fatti costituenti reato abbiano qualche elemento in comune (come nel caso di specie; ndr), ma occorre che uno di essi converga interamente in un’altra figura criminosa, tanto da perdere la sua autonomia e diventare, quindi, elemento costitutivo dell’altro”. Orbene, il delitto di frode fiscale, così come strutturato dalla norma incriminatrice contenuta nell’articolo 11 del d.lgs. n. 2000/74, non è integralmente riprodotto nella norma di cui all’art. 216 l. fall., così che non può dirsi sussistente un’ipotesi di reato complesso.

Sotto un profilo concreto, di analisi del fatto storico, è possibile che i fatti contestati agli imputati integrino entrambi i reati, ma si tratta di una mera eventualità che non consente l’operatività dell’art. 84 e, quindi, legittima l’applicazione delle norme sul concorso. Ad impedire l’operatività del principio di specialità, come si è ampiamente esposto in precedenza, osta il difetto di identità della materia regolata, elemento richiesto dalla norma contenuta nell’articolo 15 del codice penale.

Per quanto esposto, il primo motivo di ricorso deve essere rigettato.”