Sezioni Unite Maldera
In un caso in cui un Curatore di un fallimento, imputato per tentata estorsione ed altro, Continua a leggere
In un caso in cui un Curatore di un fallimento, imputato per tentata estorsione ed altro, Continua a leggere
Si è pronunciata la Cassazione, nel suo massimo consesso, sui reati in epigrafe: il primo novellato (art. 317 c.p.); il secondo (art. 319-quater c.p.) aggiunto dalla Legge 190/2012.
Questi i principi di diritto, formulati a pagg. 49 – 51 della sentenza allegata:
– il reato di cui all’art. 317 c.p., come novellato dalla Legge 190/2012, è designato dall’abuso costrittivo del pubblico ufficiale, attuato mediante violenza o – più di frequente – mediante minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra jus, da cui deriva una grave Continua a leggere
La Cassazione torna ad occuparsi del delitto di peculato, tipico reato proprio a qualificazione pubblicistica, nel senso che soggetto attivo può essere solo un soggetto che riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio. Si afferma che, a seguito della L. n. 86 del 1990 l’elemento oggettivo del reato di peculato è, in ogni caso, costituito esclusivamente dall’appropriazione, la quale si realizza con una condotta del tutto incompatibile con il titolo per cui si possiede, da cui deriva una estromissione totale del bene dal patrimonio dell’avente diritto con il conseguente incameramento dello stesso da parte dell’agente. Sul piano dell’elemento soggettivo si realizza il mutamento dell’atteggiamento psichico dell’agente nel senso che alla rappresentazione di essere possessore della cosa per conto di altri succede quella di possedere per conto proprio. Elementi, questi ultimi, che debbono sussistere anche nell’ipotesi del peculato d’uso pur se, in tale ipotesi, l’appropriazione è finalizzata ad un uso esclusivamente momentaneo della cosa. Unicamente tale situazione, correlata ad un uso esclusivamente momentaneo della cosa, differenzia il peculato d’uso dal peculato. Continua a leggere
La sentenza che qui si commenta (e si allega) offre l’occasione alla Corte di ribadire i principi di legittimità da essa affermati ai fini della corretta individuazione delle condotte di rilevanza penale che configurano ed integrano, di volta in volta, i reati di peculato, di abuso d’ufficio e di truffa. La vicenda è relativa ad un’ipotesi di peculato perchè gli imputati, nelle rispettive qualità di Sindaco e di Assessore al Turismo e Consigliere Comunale, beneficiavano di somme stanziate dal Comune senza alcun titolo istituzionale, facendo partecipare ad una delegazione del Comune, per favorire il gemellaggio con altro Ente, le rispettive consorti, così addebitando i relativi costi (vitto e alloggio) – quota parte a carico delle consorti – all’Ente pubblico medesimo.
Gli imputati venivano ritenuti penalmente responsabili in primo grado e condannati alle pene di giustizia. Proponevano gravame avanti alla Corte d’Appello che confermava la sentenza appellata. Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione per inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale, che la Corte ha rigettato.
Questi i principi affermati: Continua a leggere