CASSAZIONE SEZIONE 5 PENALE

N. 8567

Anno 2020

Pres.: SABEONE

Rel.: SCORDAMAGLIA

 

In tema di criteri di valutazione della prova indiziaria di cui all’art. 192, comma 2, cod.proc.pen., in linea di continuità con gli insegnamenti tracciati dal diritto vivente, Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, P.M., p.c., Musumeci ed altri, Rv. 191230 secondo cui «L’indizio è un fatto certo dal quale, per interferenza logica basata su regole di esperienza consolidate ed affidabili, si perviene alla dimostrazione del fatto incerto da provare secondo lo schema del cosiddetto sillogismo giudiziario» e Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231678: «In tema di valutazione della prova indiziaria, il metodo di lettura unitaria e complessiva dell’intero compendio probatorio non si esaurisce in una mera sommatoria degli indizi e non può perciò prescindere dalla operazione propedeutica che consiste nel valutare ogni prova indiziaria singolarmente, ciascuna nella propria valenza qualitativa e nel grado di precisione e gravità, per poi valorizzarla, ove ne ricorrano i presupposti, in una prospettiva globale e unitaria, tendente a porne in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo»

 

SENTENZA sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI MILANO nel procedimento a carico di: omissis nato a omissis il omissis avverso l’ordinanza del 29/11/2019 del TRIB. LIBERTA’ di MILANO udita la relazione svolta dal Consigliere IRENE SCORDAMAGLIA; lette/sentite le conclusioni del PG MARIA FRANCESCA LOY Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento con rinvio udito il difensore l’avv. DANIELA GOLDONI conclude con il rigetto. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 16 ottobre 2019, la Prima Sezione Penale di questa Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del 19 giugno 2019 del Tribunale della Libertà di Milano, che aveva confermato l’ordinanza con cui il Giudice per le Indagini Preliminari presso quel Tribunale aveva applicato a omissis la misura della custodia cautelare in carcere per il delitto, commesso in concorso con omissis e omissis, di cui all’art. 280 cod.pen., e specificamente per avere spedito, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso e per finalità di terrorismo, ordigni esplosivi ai dottori Sparagna e Rinaudo, al tempo pubblici ministeri presso la Procura della Repubblica di Torino, impegnati in processi relativi ad esponenti del mondo anarchico, e al dott. Consolo, all’epoca direttore del D.A.P. presso il Ministero della Giustizia, fatti commessi in Torino il 7 giugno 2017 e in Roma il 12 giugno 2017. Ha, all’uopo, onerato lo stesso Tribunale di riesaminare la questione della gravità indiziaria ravvisata a carico del omissis attenendosi al principio di diritto secondo il quale l’indizio cautelare deve connotarsi per una qualche prossimità al fatto ignoto che da esso viene inferenzialmente provato, così da consentire di formulare un giudizio prognostico a carico dell’indagato in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza. Secondo la Corte rescindente, nel caso al vaglio, il fatto da provare, costituito dall’ essere stato proprio il omissis l’autore delle ricerche on line degli indirizzi dei destinatari degli ordigni esplosivi, era stato desunto, attraverso una serie di passaggi logico-deduttivi, da elementi fattuali non dotati di «un’apprezzabile vicinanza al fatto ignoto»: in altri termini, la pacifica circostanza che il omissis quel giorno si trovasse a Genova in compagnia di omissis e della omissis non poteva dirsi direttamente indicativa del fatto che fosse stato proprio lui ad occuparsi delle ricerche on line degli indirizzi dei destinatari degli ordigni esplosivi, essendo, piuttosto, necessario, nell’ottica di un corretto utilizzo del procedimento inferenziale, verificare dove egli si trovasse nell’arco temporale in cui quelle ricerche furono fatte. 2. Con ordinanza del 29 novembre 2019, il Tribunale della Libertà di Milano, riesaminato il compendio indiziario posto a fondamento della misura cautelare personale applicata a omissis alla stregua del dictum della sentenza rescindente e valutate, altresì, le circostanze di fatto e le considerazioni di carattere logico illustrate nella documentazione e nelle memorie versate in atti dal Pubblico Ministero il 25 e il 26 novembre 2019, ha annullato l’ordinanza del Giudice delle Indagini Preliminari impugnata con l’istanza di riesame proposta dal omissis. In particolare, dopo avere evidenziato che tutti gli elementi di prova valorizzati nell’ordinanza applicativa della misura cautelare (i dati indiziari tratti dall’esame del traffico telefonico, dalle ispezioni informatiche e dalle intercettazioni, siccome unificati dal movente della lotta anarco-insurrezionalista, che accomunava il omissis al omissis e alla omissis) non consentivano di colmare la lacuna circa il fatto decisivo, indicato dalla Corte rescindente, di stabilire dove si trovasse il omissis nel momento in cui le ricerche dei destinatari degli ordigni esplosivi furono fatte, ha aggiunto che le circostanze di fatto e le considerazioni logiche illustrate negli atti versati dal Pubblico Ministero, in larga parte, replicavano gli elementi e le argomentazioni già espressamente menzionati e valorizzati dal Tribunale della Libertà nell’ordinanza cassata e, in altra parte, allegavano ulteriori elementi di contorno (l’avere l’indagato alloggiato presso il omissis; la conoscenza dell’indirizzo del mittente della busta indirizzata al DAP da parte di chi aveva fabbricato l’etichetta adesiva; le modalità con cui era stato scritto l’indirizzo della Casa di Reclusione di Opera) apprezzati come inidonei a colmare le lacune circa lo snodo fondamentale attinente, appunto, al luogo in cui il omissis si fosse trovato nell’arco temporale in cui le ricerche furono fatte: si trattava, infatti, di elementi privi di decisività, anche se « aggiunti» a quelli già indicati, poiché, rispetto al thema probandum, caratterizzati dalla medesima ‘distanza’ stigmatizzata dalla sentenza rescindente. 3. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Milano, affidando l’impugnativa a due motivi, che denunciano, promiscuamente, il vizio di violazione di legge, in relazione all’art. 311 cod.proc.pen., e il vizio di motivazione, da omessa valutazione di elementi di prova <>, da identificarsi in quello che fosse stato proprio il omissis ad occuparsi delle ricerche on-line degli indirizzi dei destinatari degli ordigni esplosivi. Si tratta, invero, di un modello di impugnazione inammissibile, in quanto viola l’ineludibile esigenza di un ordinato inquadramento delle ragioni di censura nell’ambito dei vizi di legittimità deducibili ai sensi dell’art. 606 cod.proc.pen. (Sez. 2, n. 7801 del 19/11/2013, dep. 2014, Hussien, Rv. 259063), e che, in tale guisa, disattende il disposto dell’art. 581, lett. c), cod.proc.pen., che prescrive l’enunciazione dei motivi “con indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono la richiesta”. Integra, al contempo, un modello di ricorso per cassazione viziato da aspecificità, reiterando argomentazioni già apprezzate come non decisive dal giudice dell’ordinanza impugnata (Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, Scicchitano, Rv. 236945) e articolato mediante la deduzione di motivi non consentiti ex art. 606, comma 3, cod.proc.pen., esibendo alla Suprema Corte – senza neppure adempiere al prescritto onere di autosufficienza del ricorso per cassazione – elementi di fatto sottratti allo scrutinio di legittimità sul discorso giustificativo della decisione, limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali:« Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali>> (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944). Ne viene che il ricorso in esame, per come strutturato, esula dal percorso di una ragionata censura del percorso motivazionale del provvedimento impugnato e si risolve in una generalizzata critica difettiva di quest’ultimo. 2. L’impugnativa del Procuratore della Repubblica si appalesa, altresì, manifestamente infondata, in quanto, nel denunciare il vizio di violazione di legge, sostanzialmente per inosservanza da parte del Tribunale della Libertà dei criteri di valutazione della prova indiziaria di cui all’art. 192, comma 2, cod.proc.pen., non tiene conto dell’insegnamento impartito dal diritto vivente che sul thema si è ripetutamente pronunciato affermando che:« L’indizio è un fatto certo dal quale, per interferenza logica basata su regole di esperienza consolidate ed affidabili, si perviene alla dimostrazione del fatto incerto da provare secondo lo schema del cosiddetto sillogismo giudiziario» (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, P.M., p.c., Musumeci ed altri, Rv. 191230), di modo che:« In tema di valutazione della prova indiziaria, il metodo di lettura unitaria e complessiva dell’intero compendio probatorio non si esaurisce in una mera sommatoria degli indizi e non può perciò prescindere dalla operazione propedeutica che consiste nel valutare ogni prova indiziaria singolarmente, ciascuna nella propria valenza qualitativa e nel grado di precisione e gravità, per poi valorizzarla, ove ne ricorrano i presupposti, in una prospettiva globale e unitaria, tendente a porne in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo» (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231678). Ciò sta a significare che l’operazione logica di apprezzamento unitario degli indizi per la verifica della confluenza verso un’univocità indicativa che dia la certezza logica dell’esistenza del fatto da provare presuppone la previa valutazione di ciascuno degli elementi fattuali indiziari, singolarmente considerati, onde saggiarne la valenza qualitativa individuale – sia pure di portata possibilistica e non univoca -, soltanto all’esito di tale disamina potendosi passare al momento metodologico successivo dell’esame globale ed unitario, attraverso il quale la relativa ambiguità indicativa di ciascun elemento probatorio può risolversi. Con tali indicazioni direttive, a ben vedere, il ricorrente non si è punto confrontato, avendo ritenuto di potere superare il vuoto probatorio circa il fatto decisivo, di dove fisicamente si trovasse il omissis nei quindici minuti in cui le ricerche on-line degli indirizzi dei destinatari degli ordigni esplosivi vennero effettuate presso il phone center di Genova, con elementi fattuali di contorno, suscettibili di potere essere valorizzati soltanto nella seconda fase (di apprezzamento globale degli indizi in chiave logico-deduttiva) del procedimento inferenziale. 3. S’impone, pertanto, la declaratoria d’inammissibilità del ricorso del Procuratore della Repubblica. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso del P.M