Art. 317 c.p. e 319-quater c.p.

Si è pronunciata la Cassazione, nel suo massimo consesso, sui reati in epigrafe: il primo novellato (art. 317 c.p.); il secondo (art. 319-quater c.p.) aggiunto dalla Legge 190/2012.

Questi i principi di diritto, formulati a pagg. 49 – 51 della sentenza allegata:

– il reato di cui all’art. 317 c.p., come novellato dalla Legge 190/2012, è designato dall’abuso costrittivo del pubblico ufficiale, attuato mediante violenza o – più di frequente – mediante minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra jus, da cui deriva una grave limitazione, senza tuttavia annullarla del tutto, della libertà di autodeterminazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, è posto di fronte all’alternativa secca di subire il danno prospettato o di evitarlo con la dazione o la promessa dell’indebito;

– il reato di cui all’art. 319-quater cod. pen., introdotto dalla Lege 190/2012, è designato dall’abuso induttivo del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, ossia da una condotta di persuasione, di suggestione, di inganno (salvo che non si tratti di induzione in errore sulla doverosità della dazione, situazione che, infatti, potrebbe piuttosto essere inquadrata nello schema della truffa, ndr.), di pressione morale, con più tenue valore condizionante la libertà di autodeterminazione del destinatario, il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivato dalla prospettiva di conseguire un indebito tornaconto personale, il che lo pone in una posizione di complicità col pubblico agente e lo tende meritevole di sanzione;

– vi possono essere, però, dei “casi c.d. ambigui, quelli che cioè possono collocarsi al confine tra la concussione e l’induzione indebita (la c.d. “zona grigia” dell’abuso della qualità, della prospettazione di un male indeterminato, della minaccia-offerta, dell’esercizio del potere discrezionale, del bilanciamento tra beni giuridici coinvolti nel conflitto decisionale), in cui i criteri di valutazione del danno antigiuridico e del vantaggio indebito, che rispettivamente contraddistinguono i detti illeciti, devono essere utilizzati nella loro operatività dinamica all’interno  della vicenda concreta, individuando, all’esito di un’approfondita valutazione complessiva del fatto, i dati più qualificanti;

– v’è continuità normativa, quanto al pubblico ufficiale, tra la previgente concussione per costrizione e il novellato art. 317 cod. pen., la cui formulazione è del tutto sovrapponibile, sotto il profilo strutturale, alla prima, con l’effetto che, in relazione ai fatti pregressi, va applicato il più favorevole trattamento sanzionatorio previsto dalla vecchia norma;

– l’abuso costrittivo dell’incaricato di pubblico servizio, illecito attualmente estraneo allo statuto dei reato contro la pubblica amministrazione, è in continuità normativa, sotto il profilo strutturale, con altre fattispecie incriminatrici di diritto comune, quali, a seconda dei casi concreti, l’estorsione, la violenza privata, la violenza sessuale (artt. 629, 610, 609bis, con l’aggravante di cui all’art. 61, comma primo, n. 9, cod. pen.);

– sussiste continuità normativa, quanto alla posizione del pubblico agente, tra la concussione per induzione di cui al previgente art. 317 cod. pen. e il nuovo reato di induzione indebita a dare o promettere utilità di cui all’art. 319-quater cod. pen., considerato che la pur prevista punibilità, in quest’ultimo, del soggetto indotto non ha mutato la struttura dell’abuso induttivo, ferma restando, per i fatti pregressi, l’applicazione del più favorevole trattamento sanzionatorio di cui alla nuova norma;

– il reato di concussione e quello di induzione indebita si differenziano dalle fattispecie corruttive, in quanto i primi due illeciti richiedono, entrambi, una condotta di prevaricazione abusiva del funzionario pubblico, idonea, a seconda dei contenuti che assume, a costringere o a indurre l’extraneus, comunque in posizione di soggezione, alla dazione o alla promessa indebita, mentre l’accordo corruttivo presuppone la par condicio contractualis ed evidenzia l’incontro assolutamente libero e consapevole delle volontà delle parti;

– il tentativo di induzione indebita, in particolare, si differenzia dall’istigazione alla corruzione attiva di cui all’art. 322, commi terzo e quarto, cod. pen., perché, mentre quest’ultima fattispecie s’inserisce sempre nell’ottica di instaurare un rapporto paritetico tra i soggetti coinvolti, diretto al mercimonio dei pubblici poteri, la prima presuppone che il funzionario pubblico, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, ponga potenzialmente il suo interlocutore in uno stato di soggezione, avanzando una richiesta perentoria, ripetuta, più insistente e con più elevato grado di pressione psicologica rispetto alla mera sollecitazione, che si concretizza nella proposta di un semplice scambio di favori.

Cass. SS.UU. 12288_14