Ingiuria. Presupposti della provocazione.

Nella sentenza qui allegata la Cassazione ha l’occasione di ribadire il proprio consolidato orientamento secondo cui la causa di non punibilità della provocazione, prevista nei delitti contro l’onore, dovuta allo stato d’ira determinato dal fatto ingiusto altrui, è ravvisabile ogniqualvolta il soggetto attivo ponga in essere la condotta astrattamente offensiva mosso da uno stato d’animo direttamente riconducibile al fatto altrui che, sebbene non illecito o illegittimo, si delinei quale atteggiamento contrario al vivere civile ovvero lesivo di regole comunemente accettate nella civile convivenza. Con la precisazione che, ai fini del riconoscimento dell’esimente di cui trattasi, non è necessario che la reazione venga attuata nello stesso momento in cui sia ricevuta l’offesa, essendo sufficiente che essa abbia luogo finchè duri lo stato d’ira suscitato dal fatto provocatorio, a nulla rilevando che sia trascorso del tempo, ove il ritardo nella reazione sia dipeso unicamente dalla natura e dalle esigenze proprie degli strumenti adoperati per ritorcere l’offesa, come, ad esempio, nel caso di ingiuria finalizzata a mezzo di una missiva, spedita giorni dopo la commissione del presunto fatto ingiusto. E’ quanto avvenuto nel caso di specie laddove l’imputata, in stato d’ira, a distanza di giorni dal fatto ritenuto provocatorio, ha inviato all’autore una missiva contenente un’espressione offensiva. La Cassazione ha annullato la sentenza impugnata senza rinvio, per essere l’imputata non punibile ex art. 599, comma 2°, c.p.p. (Cass. 8336_13).