Sezioni Unite Maldera
In un caso in cui un Curatore di un fallimento, imputato per tentata estorsione ed altro, aveva richiesto alla persona offesa il pagamento di un’ingente somma per la restituzione di una chiavetta USB, contenente la contabilità completa e corretta della società fallita e la mancata restituzione di tale chiavetta avrebbe avuto importanti conseguenze pregiudizievoli per la parte offesa, che avrebbe potuto subire un procedimento per bancarotta fraudolenta e una sanzione da parte l’Agenzia delle Entrate, per il mancato pagamento di IVA, la Suprema Corte, Cass. Pen. SESTA SEZIONE 6656_16 Rel. Di Salvo, ribadisce i principi di cui a Sezioni Unite Maldera: “Le Sezioni Unite, risolvendo un contrasto interpretativo di legittimità, a seguito della riforma dei reati contro la pubblica amministrazione, hanno individuato il discrimine tra il delitto di concussione e quello di indebita induzione, ritenendo, in particolare, che il primo reato sussista in presenza di un abuso costrittivo del pubblico ufficiale, attuato mediante violenza o minaccia, da cui derivi una grave limitazione della libertà di autodeterminazione del destinatario, che, senza ricevere alcun vantaggio, venga posto di fronte all’alternativa di subire il male minacciato o di evitarlo con la dazione o la promessa dell’utilità. Nella concussione di cui all’art. 317 cod. pen., si è quindi in presenza di una condotta del pubblico ufficiale che limita radicalmente la libertà di autodeterminazione del soggetto passivo. Il discrimen tra il concetto di costrizione e quello di induzione va quindi ricercato nella dicotomia minaccia – non minaccia. La minaccia non deve necessariamente concretizzarsi in espressioni esplicite e brutali ma può anche essere implicita, velata, allusiva, potendo, eventualmente, assumere anche la forma del consiglio, dell’esortazione, della metafora, purché tali comportamenti siano connotati da una carica intimidatoria analoga a quella della minaccia esplicita. La nozione di induzione, invece, esplicando una funzione di selettività residuale rispetto al concetto di costrizione, copre gli spazi non riconducibili a quest’ultimo, inerendo a quei comportamenti, pur sempre abusivi, del pubblico agente che non si materializzano nella violenza o nella minaccia di un male ingiusto e non pongono il destinatario di fronte alla scelta obbligata tra due mali parimenti ingiusti. Il delitto di cui all’art. 319 – quater cod. pen. consiste infatti nell’abuso induttivo posto in essere dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di pubblico servizio, che, con una condotta di persuasione, suggestione, inganno o pressione morale, condizioni in modo più tenue la libertà di autodeterminazione del privato, il quale, disponendo di ampi margini decisori, accetta di prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, nella prospettiva di un tornaconto personale. Dunque la fattispecie di induzione indebita, di cui all’art. 319 – quater cod. pen., è caratterizzata da una condotta di pressione non irresistibile da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio, che lasci al destinatario un margine significativo di autodeterminazione e si coniughi con il conseguimento di un indebito vantaggio per il privato (Sez. U., n. 12228 del 24-10-2013)”.