Cass. Pen. VI Sez. Ordinanza n.01418/2017 – stupefacenti – nuova questione di legittimità costituzionale

cass-ord-01418_17-dep-12_1_17-sesta-sezione-penale-pres-carcano-rel-bassi -> la Corte solleva questione di legittimità costituzionale per contrasto con gli artt.25, 3 e 27 Cost, dell’art.73 comma 1 d.P.R. 309/90 nella parte in cui detta norma prevede, a seguito della sentenza 32 dell’11 febbraio 2014 della Corte Costituzionale, la pena minima edittale di otto anni in luogo di quella di sei introdotta con l’art.4 bis del d.l. 30 dicembre 2005, n.272, convertito con modificazioni con la legge 21 febbraio 2006, n.49.
Secondo i giudici di legittimità, l’intervento della Corte Costituzionale sulle norme a modifica dell’art.73 d.P.R. 309/90 ha comportato la (re-)introduzione di un trattamento sanzionatorio più mite, rispetto a quello precedente e caducato per le condotte concernenti le c.d. droghe leggere e, viceversa, un trattamento punitivo più severo in relazione a quelle concernenti droghe pesanti, determinando un innalzamento del minimo edittale della pena detentiva da 6 a 8 anni di reclusione.
I profili di contrasto ravvisati sono i seguenti:
art.25 Cost. comma 2, come interpretato dalla Consulta nella pronuncia n.394/2006, in quanto non può ritenersi compatibile con la citata norma una pronuncia d’incostituzionalità in malam partem, con la quale il legislatore sia intervenuto a modificare la risposta sanzionatoria (nello specifico, abbassando il minimo della pena detentiva da otto a sei anni di reclusione, lasciando invariato il massimo della pena), in virtù di una valutazione discrezionale di politica criminale, perché lo scrutinio di legittimità costituzionale non può invadere il campo della riserva di legge in materia penale e far sì che dall’annullamento della norma più favorevole discenda la reviviscenza di quella più severa abrogata;
artt.3 e 27 Cost., in quanto la previsione del minimo della pena di otto anni non è frutto di libera determinazione del legislatore in materia di trattamento sanzionatorio, ma costituisce il frutto di una declaratoria di incostituzionalità della norma che aveva introdotto la pena detentiva più mite e, inoltre, secondo la Suprema Corte, tale trattamento punitivo risulta irragionevole ove raffrontato con la pena prevista per le ipotesi “lievi” di cui al comma 5 dell’art.73 nonché con quella comminata dal comma 4 della medesima disposizione, perché, con riferimento alla prima, il trattamento è estremamente e irragionevolmente distante, pur non essendo nella prassi netta la linea di demarcazione tra le due fattispecie e ciò costringe i giudici ad interpretazioni forzate della norma tese a rimediare (attraverso l’ampliamento dell’ambito applicativo dell’ipotesi lieve) l’ingiustificato dislivello edittale proprio delle due norme incriminatrici mentre, con riferimento al secondo, a fronte del trattamento sanzionatorio unitario previsto dal comma 5 dell’art.73 per entrambe le categorie di sostanze stupefacenti, in caso di condotte “non lievi” aventi ad oggetto tipologie di stupefacenti diverse si registra, nel trattamento sanzionatorio, uno iato di due anni – per condotte ad oggetto le sostanze di cui alla Tabella II la pena prevista è da due a sei anni e per quelle della tabella I da 8 a 20 anni – che comporta ingiustificate disparità di trattamento e che potrebbe venir meno se – per l’ipotesi di cui all’art.73 comma 1 – fosse ripristinato l’abrogato limite minimo di pena edittale di sei anni di reclusione.

Giacomo Francesco Grillo

tirocinante ex art. 73 L. 98/2013 presso il Tribunale di Bologna, Seconda Sezione Civile