Rimessione del processo

Pubblico l’Ordinanza resa dalla Corte di Cassazione con la quale è stata respinta la richiesta di rimessione del processo ad altra sede per affermato ritenuto grave condizionamento locale subito dai Giudici di quel plesso giudiziario – secondo la prospettazione dell’imputato – che ne legittimavano il trasferimento ad altra sede. La richiesta è stata respinta per difetto dei presupposti di cui all’art. 45 c.p.p. La Corte offre un excursus della disciplina di cui all’art. 45 c.p.p. nella sua evoluzione storica e giuridica.

LMC

 

Corte di Cassazione Ordinanza 791 CC 6_5_13

Visura fascicolo cause civili e richiesta copie

In allegato i Moduli in uso alla cancelleria civile del Tribunale di Bologna per richiesta di visura del fascicolo della causa civile e per richiesta copie fascicoli civili

 

Trib. Bologna Modulo di richiesta visura del fascicolo causa civile

Trib. Bologna Modulo di richiesta copie fasiccoli civili

 

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Revoca sequestro conservativo

L’ordinanza qui allegata si presenta di particolare importanza perchè affronta la questione se sia o meno possibile revocare il provvedimento di sequestro conservativo prima che sia passata in giudicato la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere. La questione è controversa in giurisprudenza. Diverse pronunce di legittimità, anche recenti, hanno infatti affermato l’impossibilità di revocare il sequestro conservativo al di fuori dell’ipotesi prevista di offerta di cauzione (Cfr. art. 317, 4° comma c.p.p.). Altro orientamento, invece, ammette tale possibilità di revoca qualora il giudice accerti il venir meno dei presupposti fondanti la misura, con riferimento al fumus boni juris. Il Tribunale condivide il secondo orientamento tanto più in un caso in cui, come quello di specie, gli imputati sono stati assolti nel merito con formula piena perchè il fatto non sussiste, ancorchè con sentenza non ancora passata in giudicato.

Ordinanza Tribunale Ferrara

 

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Inammissibilità dell’appello ex art. 348 bis

Nell’ordinanza qui allegata la Corte d’Appello di Roma offre una corretta interpretazione della disciplina di recente introdotta nell’ordinamento (art. 348 bis c.p.c.) – cd. filtro in appello -. Afferma, condivisibilmente, che l’ordinanza di cui all’art. 348 bis c.p.c. si inserisce in un ampio intervento legislativo volto a sanzionare l’abuso del processo, abuso in cui si risolve l’esercizio del diritto di interporre appello in un quadro di plateale infondatezza. Continua a leggere

Ingiuria. Presupposti della provocazione.

Nella sentenza qui allegata la Cassazione ha l’occasione di ribadire il proprio consolidato orientamento secondo cui la causa di non punibilità della provocazione, prevista nei delitti contro l’onore, dovuta allo stato d’ira determinato dal fatto ingiusto altrui, è ravvisabile ogniqualvolta il soggetto attivo ponga in essere la condotta astrattamente offensiva mosso da uno stato d’animo direttamente riconducibile al fatto altrui che, sebbene non illecito o illegittimo, si delinei quale atteggiamento contrario al vivere civile ovvero lesivo di regole comunemente accettate nella civile convivenza. Continua a leggere

Testa di legno. Quando risponde della bancarotta ?

La giurisprudenza di legittimità, oramai da tempo risalente, afferma costantemente che “l’amministratore di diritto ancorché testa di legno può essere chiamato a rispondere dei reati fallimentari in quanto commessi con attività di concorso con l’amministratore di fatto, attività di concorso che può essere attuata anche con omissioni; ciò in base all’art. 40 cpv. cod. pen. per il quale non impedire, un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo e desumendosi l’obbligo giuridico di impedire l’evento – che per costante giurisprudenza può scaturire da qualsiasi ramo del diritto – dall’art. 2392 cod. civ., riguardante obblighi e responsabilità degli amministratori; con la conseguenza che risponde del reato di concorso in bancarotta fraudolenta a norma dell’art. 40 cpv. cod. pen. l’amministratore di una società che, violando l’obbligo di vigilanza e quello di attivarsi per impedire atti pregiudizievoli per soci, creditori e terzi, obbligo di ordine generale desumibile dall’art. 2392 cod. civ., abbia consentito ad altri amministratori di commettere fatti di bancarotta […]. Ciò peraltro esaurisce soltanto l’elemento oggettivo del reato, essendo evidente che il richiamo agli artt. 40 cpv. cod. pen. e 2392 cod. civ. riguarda soltanto il rapporto di causalità tra l’omissione dell’amministratore di diritto e i fatti di bancarotta dell’amministratore di fatto” (Cass., Sez. V, n. 3328 del 05/02/1998, Riccieri). In quella stessa pronuncia si segnalava altresì, in ordine al diverso problema dell’elemento soggettivo del reato, che ad integrare il dolo può essere sufficiente la generica consapevolezza – in capo all’amministratore di diritto – del compimento di condotte distrattive ad opera dell’amministratore effettivo, “senza che sia necessario che tale consapevolezza investa i singoli episodi di distrazione, occultamento etc., che possono essere numerosi e svolgersi in un ampio arco di tempo; generica consapevolezza che peraltro non può presumersi sul semplice dato di avere il soggetto acconsentito a ricoprire formalmente la carica di amministratore e di avere firmato delle carte”. Continua a leggere

Peculato e peculato d’uso – differenze

La Cassazione torna ad occuparsi del delitto di peculato, tipico reato proprio a qualificazione pubblicistica, nel senso che soggetto attivo può essere solo un  soggetto che riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.  Si afferma che, a seguito della L. n. 86 del 1990 l’elemento oggettivo del reato di peculato è, in ogni caso, costituito esclusivamente dall’appropriazione, la quale si realizza con una condotta del tutto incompatibile con il titolo per cui si possiede, da cui deriva una estromissione totale del bene dal patrimonio dell’avente diritto con il conseguente incameramento dello stesso da parte dell’agente. Sul piano dell’elemento soggettivo si realizza il mutamento dell’atteggiamento psichico dell’agente nel senso che alla rappresentazione di essere possessore della cosa per conto di altri succede quella di possedere per conto proprio. Elementi, questi ultimi, che debbono sussistere anche nell’ipotesi del peculato d’uso pur se, in tale ipotesi, l’appropriazione è finalizzata ad un uso esclusivamente momentaneo della cosa. Unicamente tale situazione, correlata ad un uso esclusivamente momentaneo della cosa, differenzia il peculato d’uso dal peculato. Continua a leggere

Peculato, abuso d’ufficio e truffa. Quali differenze ?

La sentenza che qui si commenta (e si allega) offre l’occasione alla Corte di ribadire i principi di legittimità da essa affermati ai fini della corretta individuazione  delle condotte di rilevanza penale che configurano ed integrano, di volta in volta, i reati di peculato, di abuso d’ufficio e di truffa. La vicenda è relativa ad un’ipotesi di peculato perchè gli imputati, nelle rispettive qualità di Sindaco e di Assessore al Turismo e Consigliere Comunale, beneficiavano di somme stanziate dal Comune senza alcun titolo istituzionale, facendo partecipare ad una delegazione del Comune, per favorire il gemellaggio con altro Ente, le rispettive consorti, così addebitando i relativi costi (vitto e alloggio) – quota parte a carico delle consorti – all’Ente pubblico medesimo.

Gli imputati venivano ritenuti penalmente responsabili in primo grado e condannati alle pene di giustizia. Proponevano gravame avanti alla Corte d’Appello che confermava la sentenza appellata. Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione per inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale, che la Corte ha rigettato.

Questi i principi affermati: Continua a leggere